mercoledì 18 luglio 2012

THE BAND

Quando, nel 1963, scoprimmo che esisteva una musica mai sentita prima di allora, tutto il mondo, giovanile e non, iniziò a fischiettare quel motivo che iniziava con il suono di un'armonica soffiata da un certo John Lennon, ed accompagnata da una band di nome Beatles. Quel pezzo diceva "Please please me". In quel preciso istante la mia vita cambiò come da una crisalide a una farfalla. Iniziai a volteggiare con la fantasia, credendo di essere Paul Mc Cartney, emulando mosse da chitarrista con la scopa di casa, o con il braccio sinistro come fosse il manico dello strumento. Mio padre, vista questa mia malsana passione, mi mandò da un suo collega di lavoro, il signor Nino Battistelli, il quale, oltre a fare il fattorino all'Atac, arrotondava lo stipendio insegnando ai giovani l'uso della chitarra. Per diversi anni seguii le lezioni, e riconosco che mi furono di grande aiuto. Quando avevo 11 anni arrivai secondo classificato al concorso di voci e band che si svolse alla Sala Vignoli, a Roma.
(Il primo arrivato era Felice Mariani, grande campione di judo ed attualmente commissario tecnico della nostra nazionale). Vinse lui perchè cantò il motivo di Celentano "Il ragazzo della Via Gluck". Io cantavo una cover dell'Equipe 84, "Quel che mi hai dato". Il mio livello musicale era di gran lunga superiore alla media dei miei amici di quei tempi, ascoltavo musica inglese, e la riproponevo con le prime band di quei tempi. Voi penserete che, a quella età, come  potevamo avere chitarre elettriche, batterie, amplificatori, etc etc?
Non avevamo nulla, se non le nostre chitarre da studio, eppure con un po' di fantasia tutto poteva essere riprodotto, e come?
Semplice. Si piazzava sulla chitarra un magnete e si collegava alle vecchie radio a valvole, e oplà, come per magia il suono della chitarra usciva dagli altoparlanti, come appunto una chitarra elettrica...per la batteria, invece, le cose si complicavano un po', ma con qualche pentola, coperchi, fustini di sapone per lavatrici, due bastoni piccoli il rumore era garantito.
Con il passare del tempo, finalmente ebbi la mia prima chitarra elettrica: una Excelsior ed un amplificatore FBT. Il giorno della Befana ci esibimmo alla festa del Poligrafico, al cinema teatro Verbano. Ricordo che suonavo e cantavo il motivo dei Camaleonti:  "L'ora dell'Amore", grande successo in sala, una ragazzina mi chiese persino l'autografo!
Ma veniamo al salto di qualità: Jimi Hendrix.
a 16 anni
Fui fulminato dal suo suono, era un altro mondo. Con grande sforzo economico acquistai una Fender usata, e un'amplificatore Davoli, il tutto alla modica cifra di lire 180mila, una somma notevole nel 1968.
E venne il tempo della musica psichedelica, degli effetti stranissimi sulle chitarre e dei suoni particolari.
Anche qui l'inventiva non mancava, mettevamo la chitarra davanti agli altoparlanti e le chitarre fischiavano, tutto stava  alla nostra abilità di controllo del fischio, e Jimi Hendrix si materializzava.
Ricordo con grande nostalgia Riccardo, il più grande di età di noi tutti. Nonostante avesse una forma di asma bronchiale, cantava con una voce come pochi, e al termine del pezzo aspirava dalla sua bomboletta la vita, quella vita che lo abbandonò all'età di 36 anni, quando la bomboletta aveva esaurito la sua forza. Con altrettanta nostalgia ricordo Doppia Altezza, un ragazzo alto 1.95 che amava vestire all'inglese; non era interessato che alla musica e alle ragazze,a quei tempi non essere schierati politicamente significava esserre degli stupidi  ignoranti, o peggio dei cretini.
Noi amavamo la musica e la vita sotto le sue forme artistiche, eravamo più figli dei fiori che figli dei montgomery. Doppia Altezza è un altro che ci ha lasciato, ma non fisicamente. Doppia Altezza è finito alle cronache per i suoi due o tre ergastoli, come è capitato a tutti i brigatisti  irriducibili.
Per me, che l'ho conosciuto da ragazzo, e con il quale ho condiviso una tenda nell'estate del 1970  a Rimini, mi sembra ancora impossibile. Ma per Doppia Altezza,  Stefano Minguzzi per la cronaca, il cambiamento è stato possibile. Questa è la mia storia e credo che molti della mia età ci si riconosceranno, chi riascoltando Jimi Hendrix, o i Cream o gli Who.
Noi con i capelli lunghi, le camicie fiorate, un po' Bob Dylan, un po' Antoine, noi che al massimo abbiamo suonato in qualche bettola, o a casa degli amici, con le nostre madri che ci chiedevano di abbassare il volume e di aprire i libri. Noi che suonavamo un lento mentre gli amici stringevano tra le braccia ragazze che guardavano le nostre chitarre fiammanti. Noi ragazzi e ragazzini degli anni '50, che non vogliamo ancora arrenderci, perchè finchè c'è musica noi ci saremo.
Autore : Pino Gogiali

1 commento: