mercoledì 19 settembre 2012

LADRA DI MEMORIA



“Sai che oggi ho preso il bus e sono scesa 2 fermate dopo?”
“Eri distratta”
“No,  non ricordavo dove era il tuo negozio”
“Ma come non ricordi ? Stavi con la testa altrove? Ma dimmi ci sono problemi?”
“No,  è che mi sento stanca come se fossi confusa, mi dimentico le cose,  non ricordo mai niente, sarà l’eta”
“Ma no , sei sempre stata così, sempre assorta nei tuoi pensieri, vai a passare qualche giorno da tua sorella, vedrai che starai meglio, ti accompagno io”
“No,non voglio vedere nessuno.”
 Erano i primi anni 90,mia madre si avvicinava ai 70 anni, io preso dalla mia attività avevo poco tempo da dedicarle, inoltre era più che autosufficiente, ormai da anni aveva superato la perdita di mio padre, e si era abituata a vivere da sola.
Un giorno mi arrivò una chiamata di una persona amica, che m’informava degli  strani comportamenti di mia madre, come uscire dal negozio senza pagare  o non rispondere al saluto. Per farla breve, il medico curante disse che si trattava di arterio sclerosi prematura. L a realtà era che in quegli anni pochi conoscevano quella malattia , che oggi, invece,  tutti conoscono con il nome di Morbo di Alzheimer.
Non voglio usare termini medici nè risvolti umani generalizzati  alle conseguenze di questa malattia, come sempre vi parlerò della mia memoria, e di quello che sono le sensazioni provate in quei lunghi  7 anni, facendo ricorso a quello che la mia memory card del cuore registrò.  “Chi sei tu?” “Mamma sono io, sono Pino tuo figlio” “Mio figlio Roberto?” “No,  tuo figlio Pino” “Pino? Mah”
Tutte le volte che  l’avvicinavo mi sentivo ferito, e ogni volta che accadeva  ritornavo ragazzino, e una sorta di rassegnazione difensiva s’impadroniva di me , quella stessa difesa che da ragazzo avevo adottato, … ma che mi importa……ma non ero più un ragazzo, ero un uomo vissuto, un uomo che già poteva raccontare la sua vita, eppure  tornavo indietro nei  miei tormenti giovanili , anni nei quali sentivo che le sue attenzioni  erano più per mio fratello che per me, anche nella malattia era così,  non era cambiato niente  in quel momento, preferiva  lui  a me. Oggi mi rendo conto che il solo fatto che mio fratello le dedicasse più tempo era  per lei motivo di abitudine al suo volto, e che nella sua limitata memoria non c’era spazio per me. Passare quelle poche ore con lei era come parlare con un bambino, e mi colpiva molto questa sua ricerca dei termini adatti nel rappresentare ciò che voleva dire. Nell’indicare  un aereo che passava  era consapevole che tale fosse, ma non ricordava la parola, e lo chiamava uccello, forse a lei era più facile,forse volare come un uccello era quello che desiderava, volare via lontano dal mondo reale, allontanarsi per  sempre da tutto, consapevole di non perdere la sua dignità, e viaggiare in un mondo che da lì a breve avrebbe accolto i suoi sogni, le sue parole, quelle che non riusciva più a proferire, un mondo dove non si deve mangiare, non ci  si deve vestire, dove non si parla , ma si sorride attraverso una foto lasciando ricordare i momenti belli vissuti assieme.
 Mentre il tempo passava,passava anche quella poca luce che era rimasta nei suoi occhi, e io di nuovo la cercavo, la cercavo dentro la sua anima, nella speranza di trovarla nascosta in un piccolo angolo, dove le pareti dei muri rialzati non permettevano la vista di quella piccola e timida fiammella, che tenuta nascosta avrebbe potuto illuminare anche il mio viso, per poter vedere nel suo sguardo spento  quella tenue luce, alla quale avrei aggiunto io le parole…mamma….e sperare di sentirmi rispondere……Pino, figlio mio…….Man mano che il tempo passava per me, sempre più rallentava per lei, fino a fermarsi completamente, in una sorta di play off, con un tempo non definito, ma che da lì a poco avrebbe ripreso, e che come in una partita sportiva  ci si  aspettava di terminare l’incontro per porre fine a quella brutta sconfitta.
Sconfitta indegna , contro un avversario inesorabile che continuava a colpirti, anche quando eri a terra, annientando ogni sorta di dignità, colpendo anche quando chiedevi  pietà, lasciami finire la partita con un minimo di onore, e per risposta ,  di nuovo colpiti ,sempre di più fino a farti scendere nel più disonorevole abbandono, gettare la spugna ,niente da fare, con un calcio la spugna era fuori dal ring, chi se ne sarebbe dovuto accorgere,non aveva visto il colpo di piede che questa terribile malattia aveva dato a quella spugna da te invocata. Dio non può vedere tutto, Dio non sa cosa significa per un ragazzo lavare la mamma nuda, pulirla nell’intimo del suo corpo, mettergli una cannuccia per farla bere, aspettando che attraverso il respiro, unica volontà autonoma, le permettesse  di idratarsi. Quando ho detto ragazzo è perche in quei momenti ero tornato indietro nel tempo,volevo sentirmi ragazzo e dare a lei quello che non avevo dato prima, ma l’uomo dentro quel ragazzo era presente e sempre vigile, e lottava  contro quel  nemico che non  senza tregua, anche se  da li a poco avrebbe tolto anche il ricordo del respiro. Era finita, il massacro era terminato,e con esso finalmente tornava la dignità di un corpo che si apprestava  a volare verso quel posto,dove non c’è bisogno di parlare ,mangiare ,vestirsi, lavarsi, basta fare un sorriso su di una foto,e la dignità ritorna come d’incanto,e ti accorgi che in fondo poteva finire prima e che tutte le sofferenze patite e fatte patire, potevano essere evitate, semplicemente lasciando che salisse sulle piume di quell’uccello che ancora riusciva a descrivere per  trasformarlo in un pensiero poetico, dal quale noi discendiamo e che ci distingue dalle altre speci.
 Questa terribile esperienza mi ha segnato nell’animo  e nella fede, ma mi ha reso più forte alla morte, tanto da non temerla, mi ha reso un guerriero che lotta contro questo terribile destino, lotto contro di essa pur sapendo di capitolare ogni qual volta ne vengo colpito, e svariate volte sono stato abbattuto, il pensiero  e il ricordo di mia suocera è dentro la mia anima. Lasciò anche lei in un sconforto di lacrime la sua famiglia ma io non cedetti  le armi , la mia rabbia non mi permise di versare una sola lacrima alla ingloriosa uscita di scena  così rapida….rapida  come certi mali che conosciamo bene e da molto tempo, la sua dignità l’ho difesa  con tutto me stesso, lottando contro quel male con l’impegno appunto di un guerriero, che seppur a conoscenza della sua prossima sconfitta non cedeva  le armi e l’onore davanti a tanto disfacimento….questo è ormai diventato il mio modo di difendere  i  valori di quelle persone a me care e che oggi vedo sorridenti attraverso una fotografia, rabbia ! questo è ciò che mostro alla morte, il dolore e le lacrime di sangue  sono chiuse e sigillate dentro il mio cuore, e lei  non può goderne, solo così difendo la loro dignità,quella dignità che tutti i giorni in ogni momento  nel letto di un ospedale o il letto, più familiare, della propria casa  si  viene colpiti………tutto nasce  e tutto muore……questa equazione di vita, è come la matematica, non è un opinione…….ma la dignità di morire come meglio si crede, dovrebbe essere un diritto al quale nessuno dovrebbe interferire, neanche la Morte.            ……………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………  In italia ci sono circa 700.000 persone sofferenti del morbo di Alzheimer , la scienza prima o poi si auspica che arrivi a trovare delle cure , nel frattempo preoccupiamoci di dare maggiore dignità al malato e alle loro famiglie…….................................................................................................................. Grazie e scusatemi  se questa volta l’emozione che volevo darvi si è trasformata in dolore per alcuni di voi amici lettori.
Scritto e vissuto da Pino Gogiali

1 commento:

  1. Ciao, ho letto questa tua storia veramente mi ha dato tanto dolore e compassine verso le difficoltà scoraggiamento.
    La forza di chi combatte nonostante tutto. Nonostante i pronostici siano avversi.

    Carmela!

    RispondiElimina