Caro papà,
in questi giorni di festa ho pensato spesso a te e alla mamma. Vi ho pensato
come può pensarvi un bambino, anche se ormai, alla mia età, non posso
considerarmi tale. Ma dentro di me, quando penso a voi, non posso fare a meno
di sentirmi piccolo, e in virtù di questo mio stato d’animo, ho deciso di
scriverti una “letterina” di Natale, di quelle che si scrivevano quando, tutti
insieme, la sera del 24 dicembre, ci sedevamo intorno al tavolo per onorare la
Santa Vigilia.
Inizierò da
quello che era il momento più emozionante, quando ti sedevi a tavola e, vedendo il piatto girato, fingevi il tuo
sgomento ed esordivi :”Come mai questo piatto fuori posto?” “Cosa c’è qui
sotto?” Io, a quel punto, non riuscivo a contenere il sorriso e l’emozione: le
mie mani coprivano il viso, mi toccavo i capelli come impazzito dalla felicità.
“Ma guarda, chi è che mi scrive?” A quel punto il rito magico, l’apertura e la caduta della porporina,
staccatasi dal cartoncino di Natale. Quella porporina restava in giro per casa
e sui vestiti per giorni interi, e anche quando le feste terminavano, ogni
tanto luccicava da qualche punto della casa, ricordando che sarebbe mancato
ancora un altro anno al prossimo Natale.
Non ricordo
cosa scrivessi in quei cartoncini colorati di festa, quindi proverò a scrivere,
oggi, quello che avrei voluto e dovuto scrivere tanti anni fa…in fondo, mi
sento ancora bambino…
Caro papà, quest’anno portami il tuo
sorriso e quel motivetto indefinito che emettevi a bocca chiusa e che esprimeva
la tua felicità in quei giorni di festa. Vorrei che mi regalassi di nuovo
quelle vecchie cinquecento lire di carta: le conserverei come un cimelio.
Desidererei di nuovo che tu abbracciassi la mamma, e questa volta mi
avvicinerei a voi per abbracciarvi entrambi, perché fa bene al cuore e non
lascia rimpianti. Vorrei ancora una volta vederti aprire lo spumante, quello
dei “poveri”, quello che non ricordi mai come si chiama, quello che tu mettevi
sul mio viso con le dita , augurandomi “buona fortuna” in un gesto
propiziatorio e superstizioso.
Desidero fare una grande festa, l’ultima notte dell’anno, di quelle
feste con un grande tavolo dove siedereste voi grandi e noi piccoli, tutti sulle
vostre ginocchia, mentre annunci il numero della tombola che si appresta ad
uscire e, tra le risa dei miei zii, sentire la tua voce dire “novanta, la
paura!”…dopodiché, annunciavi la tua vincita, tra le proteste generali di tutti
noi, che dovevamo assistere ai brogli che combinavi, coscienti che avresti
regalato tutto a noi bambini. Ti chiedo di respirare quella stessa aria
profumata di arance e panettone, mentre, nel frattempo, il nostro albero
illuminato ci dice “Buon Natale” accendendo e spegnendo le sue luci, mentre
palline colorate e fili argentati fanno
bella mostra.
E poi, finalmente!, il giorno della
Befana. Vorrei di nuovo sentire i rumori provenienti dalla stanza accanto,
consapevole che tu e la mamma a passi silenziosi, cercherete di sorprendermi
quando la mattina mi sveglierò. State certi che imprimerei con una fotografia
il vostro compiacimento e l’orgoglio di essere stati gli autori della mia
felicità.
Questo è
quello che ti chiedo per questo Santo Natale, non desidero altro… forse una
ultima cosa te la chiedo, e questa è la più importante di tutte: vorrei sentire
nel silenzio generale delle prime ore del mattino, quei lievi rumori che
emettevi quando ti apprestavi a recarti al lavoro con la tua divisa da
conducente di bus. Uscivi di casa furtivamente per non svegliarci, ma io ti ho
sentito tante volte chiudere in silenzio la porta di casa.
Vorrei che
quella porta si riaprisse, perché l’ultima volta che si è chiusa, non l’ho
sentita più riaprirsi.
Autore: Pino
Gogiali